La norma di comportamento AIDC maggio 2023 n. 219 è intervenuta sulla questione relativa alla distinzione fra crediti inesistenti e crediti non spettanti chiarendo che:
- il credito d'imposta si definisce non spettante laddove il contribuente, pur nell'intento di rispettare il presupposto normativo, commette errori di qualificazione o quantificazione dello stesso;
- il credito d'imposta è inesistente nei casi in cui la determinazione del credito sia avvenuta in assenza di documentazione o sulla base di documentazione non veritiera.
Per i crediti inesistenti, la nozione è ricavabile dall'art. 13 co. 5 del D.lgs. 471/97, nel quale si dispone che il credito è inesistente quando "manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante liquidazione automatica o controllo formale della dichiarazione”.
In relazione a questi crediti:
- nel caso di utilizzo in compensazione, è applicabile la sanzione dal 100% al 200% del credito;
- l'avviso di recupero va notificato, a pena di decadenza, entro il 31.12 dell'ottavo anno successivo a quello in cui è avvenuta la compensazione (art. 27 co. 16 del DL 185/2008).
I crediti non spettanti, secondo l'art. 13 co. 4 del D.lgs. 471/97, sono quelli relativi “all'utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti". In relazione a questi crediti:
- nel caso di utilizzo in compensazione opera, salva l'applicazione di disposizioni speciali, la sanzione del 30% del credito;
- risultano applicabili i termini ordinari di accertamento ex art. 43 co. 1 del DPR 600/73.
Per quanto riguarda il termine di recupero, si riscontra un contrasto giurisprudenziale; un primo orientamento ritiene che operi, in ogni caso, il termine degli otto anni dall'utilizzo in compensazione di cui all'art. 27 co. 16 del DL 185/2008 (Cass. 2.8.2017 n. 19237). Secondo tale indirizzo, "il credito d'imposta recuperato è per forza di cose inesistente, non avendo dignità giuridica la distinzione tra credito non spettante e credito inesistente" (Cass. 5.11.2020 n. 24747). Un altro orientamento distingue, invece, fra le due tipologie di crediti (Cass. 16.11.2021 n. 34444). La questione, con riferimento al termine per il recupero, è stata rimessa dalla Cass. 2.11.2022 n. 35536 al vaglio delle Sezioni Unite e analogo rinvio, in relazione al profilo della sanzione applicabile, è stato operato dalla Cass. 8.2.2023 n. 3784.
La questione assume rilevanza se applicata alle numerose liti relative a crediti riconosciuti per ricerca e sviluppo (art. 3 del DL 145/2013), sussistendo sul punto un analogo contrasto giurisprudenziale (ex multis, C.T. Prov. Mantova 10.6.2022 n. 103/1/22, C.T. Prov. Latina 23.5.2022 n. 610/3/22).
La soluzione adottata dalla norma di comportamento AIDC riprende quanto previsto all'art. 5 del DL 146/2021, distinguendo fra due fattispecie:
- la prima, che apre l'accesso alla sanatoria, è quella dell'avvenuto effettivo sostenimento di spese correlate ad attività di ricerca e sviluppo che, però, siano state erroneamente ricomprese tra quelle che davano diritto al credito di imposta. Risultano altresì sanabili gli errori nella quantificazione o nell'individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento;
- la seconda, che impedisce l'accesso alla sanatoria, riguarda quelle posizioni nelle quali la determinazione e l'utilizzo del credito sia il risultato di assetti che appaiano oggettivamente o soggettivamente simulati, di false rappresentazioni della realtà basate sull'utilizzo di documenti non veritieri o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea alla dimostrazione delle spese ammissibili al credito di imposta.