La Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. 26346 del 12.9.2023, ha precisato che l'art. 4 co. 1 lett. c) del DLgs.139/2005, ai sensi del quale la professione di dottore commercialista è incompatibile con l'esercizio, in nome proprio o altrui, dell'attività di impresa, pone un divieto di ordine generale, superabile solo in presenza delle specifiche circostanze tassativamente previste dalla legge. Con riguardo all'attività di amministratore di una società di capitali, in particolare, l'art. 4 co. 2 del DLgs.139/2005 esclude l'incompatibilità della professione di dottore commercialista solo quando egli rivesta la carica di amministratore "in forza di uno specifico incarico professionale e per il perseguimento dell'interesse di colui che conferisce l'incarico". Ai fini dell'accertamento di una eventuale situazione di incompatibilità, dunque, occorre verificare se l'incarico di amministratore sia svolto nel solo interesse del terzo che lo ha conferito e ciò, a maggior ragione, quando il professionista sia non solo presidente del CdA (o amministratore unico) ma anche socio di maggioranza della società, situazione che rivela interessi tangibili e tutt'altro che "remoti" rispetto alle vicende della società stessa. La Cassa di previdenza dei commercialisti, peraltro, ha un autonomo potere di accertamento di tali situazioni, che prescinde dalle risultanze degli accertamenti eventualmente effettuati dal competente Consiglio dell'Ordine.