La Cass. n. 2960/2024 ha stabilito che il regime di indeducibilità dei costi "black list", oggi disciplinato dagli artt. 110 co. 9-bis e seguenti del TUIR, non può essere fatto valere in via presuntiva dagli Uffici per il solo fatto che la controparte dell'impresa italiana, residente nell'Unione europea, è a sua volta controllata da una controllante di ultima istanza residente in un paradiso fiscale. Le contestazioni hanno ad oggetto un finanziamento ad una società italiana effettuato da una subholding lussemburghese, a sua volta controllata da una capogruppo con sede nelle Isole Vergini Britanniche. Per la Cassazione, l'operazione aveva esaurito i propri effetti, nella valutazione della normativa in esame, all'interno dell'Unione europea, a nulla perciò rilevando il fatto che la società lussemburghese fosse controllata da una società con sede in uno Stato incluso nella "black list" allora vigente; inoltre, la dimostrazione dell'effettivo interesse economico (il differenziale dei tassi attivi e passivi) e la concreta esecuzione dell'operazione rappresentavano causa esimente atta a disapplicare in modo pieno il regime di indeducibilità dei costi.