La Corte di Cassazione ha più volte affermato che l'indicazione in fattura di una de scrizione eccessivamente generica delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, che sono oggetto del documento di addebito dei corrispettivi e della relativa IVA, può inficiare l'idoneità della fattura a fondare la presunzione di veridicità di quanto in essa rappresentato e a costituire titolo, per il cessionario o committente, per la deduzione dei costi e la detrazione dell'IVA.
Lo stesso problema potrebbe sorgere con riguardo alla detraibilità della spesa per un cessionario o committente, sia soggetto passivo IVA che "privato", che intende beneficiare del superbonus di cui all'art. 119 del DL 34/2020 o di altro bonus edilizio tra quelli di cui al co. 2 dell'art. 121 del DL 34/2020.
Anche la più stringata delle descrizioni in fattura, tuttavia, non dovrebbe precludere al beneficiario di fruire della detrazione spettante sulle spese agevolate, nella misura in cui la fattura si accompagni a documentazione che consenta di fornire adeguata prova dell'effettività e della natura delle operazioni che sono oggetto della fattura medesima.