Secondo l'orientamento dell'Agenzia delle Entrate, laddove la parte di importo riconosciuto sotto forma di welfare (c.d. "credito welfare") non utilizzata fosse convertita in denaro, verrebbe meno l'applicabilità dell'art. 51 co. 2 lett. f) del TUIR, con conseguente tassazione dei servizi offerti tramite il piano.
L'Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello 30.4.2021 n. 311, ha tuttavia affermato che "circa il mancato utilizzo, in tutto o in parte, del credito welfare maturato nel primo anno, si ritiene che il lavoratore possa cumulare tale credito con quanto maturato nel secondo anno, vale a dire nel limite temporale di validità del piano, e a condizione che tali somme non siano in ogni caso convertibili in denaro".
Pertanto, non è possibile convertire in denaro il credito welfare residuo, ma è possibile utilizzarlo negli anni successivi (nei limiti di validità del piano).